Francesco Cenetiempo, Fulgidi quegli anni! L’attività cinematografica della Sezione Spettacolo del CCA negli anni del dopoguerra (1947-1956), Piccola Biblioteca del Circolo, pp. 130, Trieste 2021
“Quando cominciai la mia attività di regista e sceneggiatore, alla fine degli anni ’80, la critica cinematografica italiana, una critica colta, preparata e severa, era rappresentata da nomi del calibro di Guglielmo Biraghi, Giovanni Grazzini, Mario Verdone, Gianni Rondolino, Lietta Tornabuoni e altri ancora, ma le due firme che davano a me l’idea di essere più colte, più preparate e più severe fra tutte erano quelle che finivano in “ch”. Forse proprio per quelle due lettere finali così asburgiche, mitteleuropee, incutevano ancora più rispetto, soprattutto a me giovane che mi accingevo ad intraprendere la strada del cinema. Quel suffisso “ch” era il finale di Callisto Cosulich e Tullio Kezich, un suffisso austero e sospeso come i finali dei film di Antonioni. Una serietà e una apertura dialettica che si riflettevano nel pensiero dei due stimati critici e saggisti. Tanti anni dopo, quando ebbi modo di conoscere bene entrambi capii che, come tutti i triestini nati con il tepore del mare sul volto e il freddo delle montagne dietro alla nuca, possedevano un grande cuore umanista.
Conobbi Callisto Cosulich, che aveva scritto una positiva recensione sul mio primo film Abissinia, alcuni anni dopo, proprio all’Associazione Nazionale Autori Cinematografici dove, con un gruppo di colleghi, tra i quali Ricky Tognazzi, Fulvio Ottaviano e Franco Bernini, ci iscrivemmo su sollecitazione di Scola, Age e Scarpelli. Scoprire che in quell’ex ufficiale di marina, alto, asciutto e con gli occhi chiari si nascondeva un uomo dalla sottilissima ironia e empatico verso ogni individuo fu per me una piacevole sorpresa. Incontrai invece varie volte Tullio Kezich a casa Bulgari e fui letteralmente folgorato dalla sua viva e appassionata eloquenza che spaziava in tutti i campi della cultura, l’arte, la letteratura, la musica oltre che naturalmente il cinema, la stessa eloquenza che si ritrova nei suoi saggi e in particolare nella vasta biografia Fellini del 1987, che forse solo Aldo Tassone trenta quattro anni dopo con il suo Fellini 23 ½ è riuscito ad superare per imponenza.
Per capire meglio chi sono stati Callisto Cosulich e Tullio Kezich, la loro personalità, e il loro ruolo di intellettuali nella Trieste dei controversi anni che vanno dall’”appartenenza territoriale” fino alla costituzione della cosiddetta Zona A, è fondamentale la lettura di “Fulgidi quegli anni”. L’attività cinematografica della sezione spettacolo del CCA negli anni del dopoguerra (1947-1955) il godibilissimo saggio scritto da Francesco Cenetiempo su impulso proprio del Circolo della Cultura e delle Arti di Trieste. Nelle ben documentate pagine, l’autore ricostruisce dettagliatamente i fatti salienti di un fermento culturale irripetibile che vide la popolazione finalmente uscita dall’oscurantismo censorio fascista, tornare ad esprimersi liberamente nelle arti e nella cultura, all’interno di uno spazio dai contorni ancora indefiniti e rispetto a oggi anche un po’ surreali, nel quale coesistevano realtà agli antipodi come le truppe neozelandesi e quelle jugoslave. Il saggio di Cenetiempo svolge quindi una funzione essenziale nella ricostruzione storica di quegli anni, colmando un vuoto che ci consente, oggi, di considerare anche più specificamente l’ulteriore innesto di “triestinità” nella cultura italiana e più in particolare nel cinema, di cui furono protagonisti a Roma Callisto Cosulich, Tullio Kezich e anche il loro amico, Franco Giraldi.
In eguale misura quello che accadde a Roma nel cosiddetto periodo della ricostruzione non può essere compreso se non si immagina il clima di euforia e di accoglienza che animò la Capitale del dopoguerra, dove le menti più brillanti e le personalità più dinamiche dell’epoca confluirono per partecipare alla riorganizzazione economica, sociale e evidentemente anche culturale del Paese.
Non può trovarsi migliore rappresentazione concreta della quotidianità di quel fermento e di quella commistione della testimonianza di Giuliano Montaldo nel documentario L’onda lunga sulla storia dell’Anac riportata anche nel testo di Cenetiempo: “Abitavamo insieme in via Massaciuccoli: Gillo Pontecorvo era il capofamiglia: c’era Cosulich, il segretario dell’Anac, c’era Giraldi, c’ero io, c’è stato per un po’ anche Solinas… Era bello perché si parlava molto di cinema: era il nostro aperitivo e il nostro digestivo…”. Ecco, aperitivo e digestivo, caso emblematico di convivenza e confronto giornaliero tra cinque intellettuali venuti a Roma da ben quattro regioni. Dalla Toscana, il pisano Pontecorvo, dalla Venezia Giulia, Cosulich e Giraldi, dalla Liguria Montaldo e dalla Sardegna, Solinas. Un melting-pot nostrano che arricchì e rese varia l’atmosfera culturale romana che arrivò fino alla Dolce Vita e al boom economico degli anni ‘60. Una voglia di fare e di collaborare cercando una sintesi, anche delle inevitabili differenze, in vista di un futuro migliore.
Anche la nascita dell’Anac è legata indelebilmente a quella stagione e senza dubbio è segnata anche dall’esperienza triestina di cui furono protagonisti i tre moschettieri Cosulich, Giraldi e Kezich, vale a dire la costituzione del Circolo della Cultura e delle Arti di Trieste, ricostruita con dovizia di particolari da Cenetiempo. Una tradizione che a Roma non era ancora così radicata, come per i caffè, i circoli e le associazioni di cultura di matrice mitteleuropea, di cui Trieste da sempre interpretò la voce. Quindi c’è molto di Cosulich, non solo per la sua forte predisposizione all’associazionismo, ma anche per essere stato uno dei fautori della trasformazione del Circolo Romano del Cinema, di cui era presidente, in quel luogo di ritrovo e di dibattito dei professionisti del cinema, che nel 1952 diventerà l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici.
Necessario quindi questo capillare lavoro di Cenetiempo che riporta in chiusura del testo anche la cronologia dei film programmati dalla sezione spettacolo del Circolo della cultura e delle arti fondata dal binomio C&K e le interessantissime recensioni di Callisto Cosulich sul «Giornale di Trieste» dal 1948 al 1953. Da esse emergono la vocazione e la passione di uno straordinario critico, intellettuale e operatore culturale che si è battuto anche per la libertà di espressione in tutte le discipline artistiche a partire dal cinema.”
(dalla prefazione al volume del regista e sceneggiatore Francesco Ranieri Martinotti, presidente dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (ANAC)